LOVO

Park agricultural multifunctional paduli (pamp), San cassiano, italy

 

 

  • client: Sella Onlus Foundation
  • location: Biella, Italy
  • project: écru architetti
  • timeline: 2013 project | 2013 realization
  • state: realized
  • type: hospitality
  • program: design contest and self-building of a shelter for the future biodegradable and temporary hotel in PAMP, Park Agricultural Multifunctional Paduli. (Lecce, Italy)
  • photo: © Filippo Cavalli

 

LOVO is a space. A warm-hearted space. A safe space. A rediscovered space. LOVO is also a dimension, but it has no geometry. Egg’s formula was designed by none geometry. Is used “π” to calculate circle and sphere, but there is no reconciliation for the perfect form of life. (Erri De Luca) LOVO is an immeasurable dimension which human being recovers life regressing to the embryonic stage, commune with the nature. LOVO is the cosmic egg which represent an ovule, an uterus, an alcove, a shelter. Therefore the project “born” for the purpose of rebuild an archetypal and emotional spatiality in which man and woman can wear out their origin in shelter against the outside world. So while the two bodies get mixed up in the act of love, even the origins and nature of Puglia dilute themselves in an ancient ploy. In this sense the Paduli park play a role of protagonist. Therefore to concept a project into the majesty of Paduli park can’t disregard to conside olives trees at the origins of the project method. LOVO appear like a stratified bubble which can be crossed and discovered, grafted under the foliage. It’s made of two membrane: the first is more external and is the white egg shell which appears at the same time compact and fragile; the second inner, the yolk, is more thick and opaque. 
This “yolk” is the liquid heart of the project, the spatial and poetic dimension that we were looking for. The external membrane of LOVO is achieved throught a thick awning, the white net for the gathering of olives often used in the farmer practices. The nets are connected to a structure made of commune reed (Arundo Donax) put together to draw a circle grafted at the frond of the olive tree. We use the same method to support the tent made of orange nets used for the harvest of the olives. The sense of the two materials is evocative; the nets for the harvest of the olives pick “the fruits” and defend them from the contact with the plot. The inner room host sacks made of jute full of straw to create a big soft surface and some lamps functioning with oil obtained from the squeezing out of the olives, to create a pleasant and romantic atmosphere. The project involves the construction of more than one room to create a little village into the area characterized from itineraries, trail and sinous lines made of rocks and stones. During the night this elements light up and release a murky and hot light becoming a landscape lantern.

 

Ciò che riposa nell’uovo è l’altra mia parte. (Alberto Casiraghy)

LOVO è uno spazio. Uno spazio caldo. Uno spazio protetto. Uno spazio ritrovato. LOVO è anche una dimensione ma priva di geometria. Nessuna geometria ha ricavato la formula dell’uovo. Per il cerchio, la sfera c’è il pi greco, ma per la figura perfetta della vita non c’è quadratura. (Erri De Luca) Si tratta infatti di una dimensione incommensurabile nella quale l’uomo cerca e ri/trova la vita compiendo una sorta di regressione alla fase embrionale. Ma compie questa “impresa” avendone coscienza e serbandone il ricordo futuro. L O V O è una dimensione uterina fatta di soglie e atmosfere inedite che trascinano l’uomo verso un ritorno poetico all’origine della vita in comunione con la natura. E’ un percorso forzato eppur naturale a ritroso, di un ritorno a uno stadio prenatale nel quale, immersi in un clima amniotico, l’uomo e la donna si riscoprono al centro di un microcosmo rinascimentale in cui “l’inizio” prende forma e diviene tangibile. LOVO è l’uovo cosmico che è ovulo, che è utero, che è alcova, che è rifugio. Il progetto “nasce” quindi dalla volontà di ricostruire una spazialità archetipa ed emozionale nella quale l’uomo e la donna possano poeticamente consumare la loro origine al riparo dal mondo esterno. In questo senso LOVO è rifugio. È rifugio e riparo dalle caotiche circostanze esterne, perché al suo interno si condensa il senso più alto e vero della vita stessa. E come i due corpi nell’atto dell’amore si mescolano, le origini e la natura immensa pugliese allo stesso modo si diluiscono vicendevolmente in un’antica alchimia. Il grande parco dei Paduli in tutto questo recita una parte da protagonista. I suoi ulivi diventano concettualmente ma anche fattivamente le robuste radici alla base di questa presenza sfocata che è LOVO. Concepire infatti un intervento all’interno della maestà del parco dei Paduli non può prescindere dal considerare gli ulivi stessi all’origine del processo progettuale.

Il guscio dell’uovo è liscio e insieme minutamente granuloso, piccoli cristalli di calcio sono evidenziati dalla luce, come crateri sulla luna. È un paesaggio glabro, però perfetto, come il deserto dove si rifugiavano i santi, perché le loro menti non fossero distratte dal lusso e dalla mondanità. Penso che questo dovrebbe essere l’aspetto di Dio: un uovo. La vita sulla luna potrebbe non trovarsi sulla superficie, ma all’interno. (Margaret Atwood)

LOVO si configura come una sorta di bolla stratificata innestata al di sotto delle chiome da attraversare e da scoprire. Si compone di due membrane, una più esterna, il guscio dell’uovo, bianchissima, apparentemente compatta ma in realtà fragilissima e permeabile e un’altra interna, separata da un diaframma libero, più densa e opaca, il tuorlo. È proprio questo “tuorlo” il cuore liquido del progetto, la dimensione spaziale e poetica ricercata. Al centro, è il tronco dell’ulivo l’appiglio terreno, il centro di gravità intorno al quale centrifugano le due membrane. La membrana esterna del L O V O si realizza mediante una tenda fittissima in rete di nailon per la raccolta delle olive. Le reti, collegate in sommità ad una struttura realizzata con canne comuni (arundo donax) assemblate a disegnare una circonferenza innestata all’altezza delle fronde dell’ulivo, arrivano fino a terra dove con un secondo anello vengono tenute in tensione così da segnare con una barriera diafana una soglia tra il dento e il fuori. Lo stesso meccanismo viene utilizzato nello spazio interno per sorreggere la tenda realizzata con le reti arancioni. Le reti per la raccolta delle olive, colgono ancora una volta il “frutto” e lo custodiscono e lo preservano dal contatto con la terra.  È proprio in questa serie di sequenze concettuali, spaziali, di eventi e di azioni che risiede la banale concretezza e verità della proposta dove la ricerca della forma architettonica viene declinata in favore e in funzione di quella più potente della natura. La “stanza” interna vede sacchi di juta riempiti di paglia a formare una grande superfice morbida e lampade alimentate ad olio lampante ottenuto dalla molitura delle olive dei Paduli, a creare un’atmosfera piacevole ed evidentemente romantica. La proposta prevede la realizzazione di più nuclei di stanze così da creare all’interno dell’area destinata alle istallazioni una sorta di piccolo villaggio caratterizzato da percorrenze, tracciati di linee sinuose realizzati con sassi e pietre recuperati in loco. All’imbrunire, questi elementi si accendono dall’interno, liberando una luce torbida e calda divenendo vere e proprie lanterne nel territorio.

l’uovo ha una forma perfetta benché sia fatto col culo. (Bruno Munari)